IL TESTIMONE CONTESO
di Elio Ticca e Mary Della Giovanna
27 ottobre 2017 - 12 gennaio 2018
Opening 26 ottobre ore 18:30 - 22:00
Interface HUB/ART, Milano
Del testimone conteso: trovarsi, perdersi, ritrovarsi
testo a cura di Giulia Blasig
Il Testimone conteso è una mostra e, al contempo, un dialogo fatto d'immagini e parole tra due artisti: Elio Ticca e Mary Della Giovanna. Seppure portatori di due linguaggi diversi e non immediatamente riconducibili, il legame tra i due artisti è innegabile ed emerge progressivamente nell'esibizione. Da un lato, i quadri di Ticca, con le sue immagini simboliche e allusive e le parole sovrapposte alle tele, che sembrano voler creare in noi un collasso di senso. Dall'altra, i corpi di Mary che si mettono a nudo e si raccontano, svelandoci la loro unicità e fragilità. Ma qual è il filo rosso che ci guida tra questi due mondi?
La serie fotografica di Mary è frutto di un progetto “sul mettersi a nudo”, non solo fisicamente ma anche metaforicamente, in quanto persona. Usando come presupposto la domanda come stai?, l'artista, oltre a lavorare sugli aspetti scenografici e tecnici della posa, registra e trascrive ogni risposta, creando, a partire da queste, il completamento di ciascun ritratto.
Mentre ammiriamo i nudi in bianco in nero, sentiamo in lontananza delle voci. Sono le storie di questi corpi, sono le parole che ci prendono per mano e ci fanno addentrare ancora di più in quel mondo privato e soggettivo, che l'artista ha sapientemente e silenziosamente colto in ognuno dei suoi soggetti.
Un movimento dall'esterno all'interno. Nel suo libro Nudità, il Nichilismo e la Bellezza dei Corpi, Giorgio Agamben enuncia come tutti noi siamo naturalmente attratti, ma allo stesso intimiditi, dalla nudità altrui. Nella nostra cultura, scrive il filosofo, il rapporto viso/corpo è segnato da un'asimmetria fondamentale, che vuole che il viso per lo più nudo, mentre il corpo è di norma coperto.1 Il volto è anche il luogo dell'espressività. Jean-Luc Nancy, similmente, sottolinea come il corpo umano è necessariamente nudo, e l'uomo è l’unico essere al mondo che riconosce la sua nudità; l’unico, dunque, per cui il corpo può essere esposto (ex-peau-sition). La nudità del corpo annulla ogni altro livello.
Il corpo conserva il suo segreto, questo niente, questo spirito che non abita in lui ma è sparso, espanso, esteso completamente attraverso di lui, sebbene il segreto non abbia nessun nascondiglio, nessun recesso interno, dove un giorno sarebbe possibile andarlo a scoprire.
Questo “niente” è il mistero della sua nudità, che mantiene vivo il desiderio di vedere, di rivolgersi, di entrare in essa; ed è lo stesso “vuoto”, la stessa assenza riconosciuta da Agamben. Questa imperdonabile esibizione dell'apparenza oltre ogni significato diventa, come scrive il filosofo italiano: una voce bianca che non significa nulla, e per questo ci trafigge.
Inizialmente, quindi, la nudità di questi corpi ci può intimidire e allontanare; ma, lentamente, più restiamo ad osservarli, e ad ascoltare e leggere ogni racconto, più ci sentiamo vicini e immersi, superando l'iniziale pudore. Mary Della Giovanna riesce a rendere la nudità dei suoi soggetti espressiva e carica di emotività. I testi diventano parte integrante dell'opera e rendono i ritratti ancora più vivi e accoglienti. Ma non solo: i corpi di Mary sembrano cambiare/mutare davanti ai nostri occhi, e a poco a poco li riconosciamo come fallibili, umani, e perciò più affini al nostro sentire.
Le opere di Ticca al primo sguardo ci ammaliano per la loro forma o colore, per l'eleganza e l'espressività del tratto: hanno un'immediata forza attrattiva. Nel riconoscerne immediatamente i soggetti rappresentati, chi guarda viene pervaso da un senso di sicurezza e vicinanza. Il formalismo del linguaggio ci porta a riconoscerne i segni e a credere al contempo di aver compreso il senso di ciascun'opera. I suoi soggetti, però, evadono un'interpretazione univoca, e ad una più attenta visione possiamo avvertire tutta la loro complessità. Come scrive Gilles Deleuze, in Marcel Proust e i segni, i segni sono di per se stessi plurali, indefiniti, e devono essere alle volte sviscerati per essere compresi. I più complessi e importanti sono quelli dell'arte. L’arte, scrive Deleuze, pur servendosi di materia (come i colori per un pittore, il suono per il musicista, la parola scritta), trasfigura e spiritualizza, cercando di dare un significato al tutto. I dipinti di Ticca possono essere inclusi interamente in questa prospettiva.
Un ulteriore livello di complessità è dato dal sovrapporre alle immagini testi o parole chiave, non legate semanticamente al soggetto, creando così una polifonia di sensi e di significati.
L'associazione tra le immagini e le parole è emotiva, come per Aby Warburg nella suo Atlante Mnemosyne. Richiamano le cosiddette Pathosformeln – formule espressive dell'emozione, che si riferiscono non solo alla memoria storica collettiva, ma alla memoria personale di ogni individuo, capaci di spingere lo spettatore a elaborare un processo interpretativo aperto.
Le associazioni create da Elio sono allo stesso tempo personali e irrazionali, forti ed intime.
Ticca d'altra parte cita René Magritte come ispirazione, affermando che “lo spettatore deve soffrire l’immagine”. È questo ciò che lo spinge a creare le sue opere. Quando le immagini e le parole creano un cortocircuito nello spettatore, si arriva a un livello più profondo di assimilazione che può portare alla nascita di associazioni personali e impreviste. La “sofferenza” dello spettatore viene riscattata, e il riscatto è la poesia.
La parola dunque, è il filo rosso. E' parte fondamentale tanto nelle fotografie di Mary quanto nei quadri di Elio. È la parola che crea lo slittamento di senso, avvicinandoci ancora di più all'intimità dei corpi di Mary, e allo stesso tempo allontanandoci dai soggetti di Elio, che inizialmente sembriamo riconoscere.
Finalmente noi spettatori ci troviamo contesi. Prima attratti e poi respinti, e viceversa.
Siamo contesi tra due poli e in noi stessi. Ci sentiamo forse persi; ma, citando Nietzsche in Umano, troppo umano:
Una volta che si sia trovato se stesso, bisogna essere capace di tempo in tempo di perdersi – e poi di ritrovarsi: presupposto che si sia un pensatore. A questo è infatti dannoso essere legato sempre a una stessa cosa.
INFORMAZIONI UTILI
Interface HUB/ART
Via Privata Passo Pordoi 7/3 - 20139 Milano
Conferenza stampa: 25 ottobre, ore 12:00
Vernissage: 26 ottobre, dalle ore 18:30 alle 22:00 con aperitivo di benvenuto
Apertura al pubblico: dal 27 ottobre al 12 gennaio 2018
Orari: dal Lunedì al Venerdì dalle 12 alle 18; Sabato e Domenica su appuntamento.
INGRESSO GRATUITO
Catalogo in mostra con testo critico di Giulia Blasig.
Press office
Dott.ssa Greta Zuccali
+39/02.78624488
Link utili
www.interface-hub.it/ticca-e-della-giovanna-il-testimone-conteso/
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